Cronica. Ramón Muntaner
Se c'è un testimone d'eccezione nella Salida de Aragón nel Mediterraneo, costui è senz'altro Ramón Muntaner. La costruzione della facciata latina del Mediterraneo trova in Muntaner (Peralada 1265-Ibiza 1336) un uomo d'azione, un memorialista, una cartina di tornasole.
Uomo del Mare Interno, dalla vita in movimento, in lui si unificano - come in altri uomini d'azione e di cultura catalani della sua epoca - i quattro lati "del gran quadrilatero del Mediterraneo: Maiorca e Catalogna; le sponde mediterranee di Linguadoca e provenzali, italiane e greche; quelle dell'Asia minore e le nordafricane". Miquel Battlori lo ravvicina, per la sua esemplarità del Mediterraneo a cavallo tra XIII e XIV secolo, al maiorchino Raimondo Lullo (1234-1316 ca.) e al medico Arnau de Vilanova, nato a Valenza al momento della Reconquesta e morto a Genova nel 1311.
Muntaner serve tutti i re della Dinastia di Barcellona comprovando, con la sua stessa vita, l'esistenza di un sistema catalano-valenziano, al di là delle chiusure nazionaliste costruite dalla storiografia: Pietro II e Giacomo II d'Aragona, Giacomo II e III di Maiorca, Federico III di Sicilia.
Nato nella Vecchia Catalogna a Peralada, dove la casa in cui il padre aveva orgogliosamente ospitato i sovrani di Castiglia viene distrutta nel 1285 durante l'invasione di Filippo III di Francia, si forma al seguito dell'infante Pietro e dei suoi ammiragli. Ancora peggio, donzell, accompagna - nell'ultimo anno di regno di Giacomo I (1276) - l'infante Pietro in Linguadoca e cresce a Montpellier almeno fino al 1281, quando - a leggere certe notazioni del capitolo 36 della sua Cronica - deve avere partecipato, diciottenne, ai preparativi per l'avventura siciliana. Lo ritroviamo, comunque, a Valenza (1286) al seguito dell'ammiraglio aragonese Ruggero di Lauria a preparare la reconquesta di Minorca (1287) e ancora, con gli almogaveri, alla difesa del castello di Messina a fronteggiare gli Angioini (1300). Passa in Grecia con la Compagnia Catalana (1302-1307) di cui sarà "canceller e mestre racional".
La Compagnia Catalana, al comando di frate Roger de Flor, un servente d'arme del Tempio, si batte lungo tutte le frontiere dell'Impero Bizantino, fino all'Armenia, per poi ritagliarsi, rottisi i rapporti tanto con il basileus quanto con la feudalità franca, preoccupati di una nuova potenza autonoma, i ducati di Atene e di Neopatria. Ed è qui che Muntaner stringe un forte rapporto con l'infante Ferrando di Maiorca, che finisce con rinunciare alla guida della Compagnia, dichiarata sotto la sovranità della Dinastia Aragonese dagli almogaveri, cui sono dedicati alcuni dei più brillanti capitoli della Cronica. Ed è per ordine di Ferrando che Muntaner torna in Sicilia dove Federico III gli affida il comando delle isole nordafricane di Gerba (Djerba) e di Kerkenna (1310-1314) conquistate nel 1285 dal suo mentore, Ruggero di Lauria, e che adesso il nuovo capitano doveva pacificare. Da lì fa una puntata a Valenza per sposare Valençona, una ragazza di Xilvella (1311), che si stabilisce con lui a Djerba la douce finché, con un viaggio da agosto a ottobre del 1315, è incaricato di riportare da Catania a Perpignano, nel Rossiglione, l'infante Giacomo di Maiorca (poi Giacomo III), per poi fermarsi, cinquantenne, a Valenza.
Sono gli anni in cui, in quanto "ciutadà honrado de València", Muntaner partecipa alla vita comunale della Città ed entra a far parte del concilium dei prohoms che affianca il balì di Valenza. Sappiamo che è eletto tra i sei prohoms incaricati di rappresentare la Città all'incoronazione di Alfonso IV a Saragozza. Sempre a Valenza collabora all'organizzazione della flotta per l'invasione della Sardegna (1316-1322), di cui resta il famoso Sermó, scritto in versi provenzali per essere cantato a Corte, con il tono delle chansons de gestes. Ed è qui, "en una alqueria mia per nom Xilvella" (Xirivella), che scrive la sua Cronica. Nel 1333 è chiamato alla Corte di Giacomo III a Perpignano, per essere nominato balì di Ibiza (1332-1336), dove muore.
Militare, politico, diplomatico, scrive le sue memorie a sessant'anni, tra il 1325 e il 1328, nel casale di Xilvella in cui si godeva un meritato ritiro. Le concepisce come una impresa cavalleresca, dopo quelle di fatto, "a honor de Déu e de la sua beneita Mere e de l'alt Casal d'Aragon".
Guglielmo de' Giovanni Centelles